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Peperoncino, chili o habanero: la storia più piccante che c’è

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Tante le curiosità intorno al peperoncino piccante, ad esempio si usa come spray al pepe e l’habanero si raccoglie con i guanti, infine non è un afrodisiaco

Peperoncino: il Capsicum L. è un genere di piante della famiglia delle Solanaceae, originario delle Americhe ma attualmente coltivato in tutto il mondo.   Oltre al noto peperone, il genere comprende varie specie di peperoncini piccanti, ornamentali e dolci.
Secondo alcuni, il nome latino “Capsicum” deriva da “capsa”, che significa scatola e deve il nome alla particolare forma del frutto (una bacca) che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Altri invece lo fanno derivare dal greco kapto che significa mordere, con evidente riferimento al piccante che “morde” la lingua quando si mangia.

Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5500 a.C. era conosciuto in Messico, come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Perù e del Messico. Nel Nuovo Mondo veniva chiamata “chili“, esattamente come oggi. In Europa il peperoncino giunse grazie a Cristoforo Colombo. Numerose sono le testimonianze che associano Montezuma, ultimo signore degli Aztechi, all’uso di peperoncino: si dice che lo bevesse mischiato con il cacao e che, mentre era prigioniero di Hernàn Cortez, passasse il tempo scherzando con le sue concubine e mangiando pietanze con peperoncino rosso.

Il peperoncino si acclimatò benissimo nel Vecchio Continente, diffondendosi in tutte le regioni meridionali, in Africa ed in Asia; venne così adottato come spezia anche da quella parte della popolazione che non poteva permettersi l’acquisto di quelle spezie che andavano importate come cannella, noce moscata, ecc. Il frutto venne chiamato peperone a causa della somiglianza nel gusto (sebbene non nell’aspetto) con il pepe.

La sostanza artefice principale della piccantezza è l‘alcaloide capsaicina insieme ad altre sostanze naturali correlate, chiamate collettivamente capsaicinoidi. Ogni capsacinoide ha piccantezza relativa e un sapore diversi nella bocca, e una variazione nelle proporzioni di queste sostanze determina le diverse sensazioni prodotte dalle diverse varietà. La capsaicina provoca dolore e infiammazioni se consumata in eccesso, e può addirittura causare vesciche da ustione, se in alte concentrazioni (i peperoncini habanero, ad esempio, sono raccolti con i guanti!).

Rappresenta anche l’ingrediente principale nello spray al pepe, usato come “arma non letale”. La sensazione di bruciore che percepiamo, tanto più intensa e persistente quanto più il peperoncino è piccante, in realtà non esiste, nel senso che non si ha un aumento di temperatura nella nostra bocca. La capsaicina interagisce semplicemente con alcuni termorecettori presenti nella bocca e nello stomaco, che mandano un segnale al cervello come se la nostra bocca o il nostro stomaco “bruciasse”.

Uno dei modi migliori per alleviare la sensazione di bruciore è bere un bicchiere di latte, mangiare yogurt od ogni prodotto caseario, possibilmente a pasta morbida o liquido. Infatti una proteina presente nei latticini, la caseina, rimuove la capsaicina dai recettori nervosi. Molto efficace anche mangiare del pane, specie la mollica, perché rimuove meccanicamente il peperoncino dalla bocca. Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto, mentre è consigliabile togliere la placenta.

Giovanni Vittore Soderini, nel ‘500, lo chiamava “pepe erbaceo d’India” e lo descriveva molto fedelmente in questo modo: “il pepe erbaceo d’India è di due sorte: una fa i lunghi baccelli, aguzzi nel fine e dal loro attaccagnoli assai più grossi, lunghi quanto il dito indice; da prima è verde poi quando è maturo diventa rosso; l’altro fa certe coccole come giuggiole rotonde nella medesima maniera … si pesta nel mortaio e fattone polvere si adopra come il pepe nero” (da: Della cultura degli orti e giardini).

I composti del peperoncino hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l’uso di peperoncino ed altre spezie.
I peperoncini sono ricchi in vitamina C e si ritiene abbiano molti effetti benefici sulla salute umana, purché usati con moderazione ed in assenza di problemi gastrointestinali. Il peperoncino ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumorale. Inoltre, si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite, e nel favorire la digestione.  Non esiste prova sperimentale sulle sue presunte proprietà afrodisiache!

 

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Giulia Bartalozzi

Giulia Bartalozzi

Giornalista, dal 2009 è responsabile della comunicazione per l’Accademia dei Georgofili (la più antica accademia del mondo che si occupa di agricoltura, ambiente e alimentazione) e per la Società Toscana di Orticultura. Per queste due prestigiose istituzioni, gestisce i rapporti con la stampa, i notiziari on-line (www.georgofili.info, www.georgofili.world, www.societatoscanaorticultura.it), le newsletter e i social network. Autrice di libri per bambini con 5 titoli pubblicati da Giunti. Appassionata di natura, arte ed enogastronomia.
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