A Forlì: Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh
Una città rende omaggio al suo capolavoro: stiamo parlando di Forlì dove fino al 20 giugno prossimo va in scena la mostra “Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh”, una parata di un centinaio di opere attorno alla “Fiasca fiorita” dei Musei di San Domenico ad illustrare accelerazioni e pause della pittura di fiori europea, dal naturalismo caravaggesco al decorativismo settecentesco fino all’affermazione della modernità con Van Gogh, il simbolismo e le avanguardie storiche. L’opera in questione (tradizionalmente attribuita ad un pittore di storia di ambito caravaggesco, come Guido Cagnacci o Carlo Dolci) è uno dei brani più toccanti ed enigmatici della pittura di natura morta dell’Europa seicentesca, accumulabile alla famosissima “Cestina di frutta” di Caravaggio all’Ambrosiana di Milano: protagonista una umile fiasca spagliata e consunta che ospita iris e gigli selvatici, dipinta con straordinaria maestrìa sopra un tavolo sul quale sono cadute alcune gocce d’acqua. Che l’interesse e la passione per i temi naturalistici fossero connaturati con la cultura forlivese dei secoli passati, è testimoniato dal prestigio raggiunto su scala internazionale dal botanico forlivese Cesare Majoli (1746-1823), le cui tavole illustrate di fiori sono messe a confronto con i dipinti di alcuni dei maggiori “Fioranti” fra Sei e Ottocento.
La mostra, curata da Antonio Paolucci con Daniele Benati, Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti, accoglie opere provenienti da importanti musei italiani e stranieri e da collezioni private di Van Dick, Brueghel, Cagnacci, Strozzi, Dolci, Cignani, Hayez, Delacroix, Courbet, Fantin Latour, Leighton, Alma Tadema, Gauguin, Monet, Cézanne, Boldini, De Nittis, Zandomeneghi, Van Gogh, Previati. Una avvincente e ‘fiorita’ carrellata di piccoli e grandi capolavori carichi di valenze simboliche e di rispondenze con ‘brani’ tratti dalla poesia e dalla letteratura europea , dal primo ‘600 passando per il ‘700, il Romanticismo, l’Impressionismo, il Simbolismo fino alle soglie del ‘900.
Nel 1603 sarà lo stesso Caravaggio a sostenere come il vero artista è colui che sa “depingere bene et imitar bene le cose naturali”, assunto ribadito qualche anno dopo dal collezionista Vincenzo Giustinani che ricorderà come il grande artista non si stancava mai di ribadire come “tanta manifattura gli era a fare un quadro buono di fiori, come di figure” , dichiarazione polemica nei confronti dei principi accademici di stampo umanistico dell’Italia seicentesca, ancora basati sulla gerarchia dei generi pittorici e sulla superiorità della pittura sacra e di storia, contrariamente all’ideologia più avanzata protestante, alla base del successo della pittura di natura morta dei Paesi Bassi.
Ifo: Musei di San Domenico, piazza Guido da Montefeltro, 2 – Forlì – Tel.199 199 111 – www.mostrafiori.com ; orario: da martedì a venerdì: 9.30 -19.00; sabato, domenica e festivi: 9.30 – 20.00