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Kamut o grano Saragolla? Perché non acquistare quello italiano?

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Kamut o Saragolla cosa scegliere? Il Kamut che è un marchio registrato del Nord America e non una qualità cerealicola

La Saragolla  è un grano molto simile a quello della Kamut, per cui la domanda nasce spontanea: visto che anche in Italia abbiamo delle qualità autoctone molto simili, per quale motivo dovremmo acquistare grano Kamut e suoi derivati. Questa questione è stata anche sollevata dai Gruppi D’Acquisto Solidale che hanno preferito rinunciare o limitare le farine della Kamut, cercando piuttosto sul territorio antiche varietà come la Saragolla. Inoltre, vogliamo ricordarvi che sono molti i grani di origine antica che in Italia si sta cercando di recuperare: per citarne solo alcuni, il grano Verna o il Senatore Cappelli. Ma cerchiamo di capire che cos’è il grano della Kamut che non è il nome del cereale ma, bensì, il marchio con il quale un’azienda americana del Montana, la Kamut International ltd, produce e commercializza una varietà di frumento, il Triticum turgidum ssp. Turanicum. Il nome popolare del Triticum turgidum ssp.

NEWSLETTER 1Turanicum è grano rosso khorasan di origine iraniana ed ha caratteristiche simili agli altri grani “dicocchi” esistenti, come il farro (Triticum dicoccum) o il grano duro (Triticum durum o Triticum turgidum). Tra Lucania, Sannio e Abruzzo era coltivato, e per piccole superfici terriere lo è ancora oggi, un tipo di grano Khorasan, Triticum Polonicum, il cui nome è Saragolla.  Questo è un grano molto simile a quello della Kamut, per cui la domanda nasce spontanea: visto che anche in Italia abbiamo delle qualità autoctone molto simili, per quale motivo dovremmo acquistare grano Kamut e suoi derivati? Non c’è un motivo reale, tranne forse il fatto che la capillarità distributiva – e di marketing – dell’azienda americana è davvero notevole.

 COSA NE PENSANO I G.A.S.

Questa questione è stata anche sollevata dai G. A. S. Gruppi D’Acquisto Solidale che hanno preferito rinunciare o limitare le farine della Kamut, cercando piuttosto sul territorio antiche varietà come la Saragolla. Questo per vari motivi: perché privatizzare un seme è un’azione che solleva dubbi e interrogativi; perché un cerale a km 0 è da preferire a uno che giunge dall’altro capo del mondo; perché un cereale autoctono, come qualsiasi altro prodotto, aiuta un agricoltore locale e il territorio locale che si riappropria di biodiversità e tradizione.

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 CAPPELLI E VERNA

Inoltre, vogliamo ricordarvi che sono molti i grani di origine antica che in Italia si sta cercando di recuperare: per citarne solo alcuni, il grano Verna o il Senatore Cappelli. Ma cerchiamo di capire che cos’è il grano della Kamut che non è il nome del cereale ma, bensì, il marchio con il quale un’azienda americana del Montana, la Kamut International ltd, produce e commercializza una varietà di frumento, il Triticum turgidum ssp. Turanicum.

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 DA DOVE NASCE IL KAMUT

Il nome popolare del Triticum turgidum ssp. Turanicum è grano rosso khorasan di origine iraniana ed ha caratteristiche simili agli altri grani “dicocchi” esistenti, come il farro (Triticum dicoccum) o il grano duro (Triticum durum o Triticum turgidum).
I primissimi 32 semi dai quali è partita tutta la storia della Kamut International furono regalati a Earl Dedman, aviatore americano, da un amico in spedizione in Egitto. Erano semi “puri”, mai modificati dall’uomo, non ibridati. E puri sono arrivati fino ad oggi grazie a un lavoro di conservazione e coltivazione da parte della stessa Kamut International, almeno questo è ciò che l’azienda dichiara quando si parla della diversità tra il khorasan in commercio e quello da essa prodotto.

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 IL MARCHIO REGISTRATO

Il marchio è stato registrato nel 1991 con una precisa regola: solo il grano della varietà Turgidum ssp. Turanicum, coltivato da agricoltori associati, selezionati e con il seme distribuito loro dall’azienda medesima, poteva chiamarsi Kamut.
Tutti i terreni coltivati con Khorasan Kamut si trovano nel Nord America, Montana, Alberta e Saskatchewan: qui, aria, acqua e terra raggiungono un grado di perfezione tale da poter dare vita a questa peculiare varietà cerealicola.
Sul sito della Kamut International, www.kamut.com/it, si possono leggere alcune delle regole e caratteristiche che la coltivazione e la resa deve avere:

Deve essere coltivato rigorosamente secondo il metodo dell’agricoltura certificata biologica;

  • Contiene un range di proteine fra il 12 e il 18%;
  • È puro al 99% da contaminazioni con varietà di grano moderne;
  • È al 98% privo di segni di malattia;
  • Contiene tra i 400 e 1000 ppb di selenio;
  • Non può essere utilizzato in prodotti il cui nome sia ingannevole o fuorviante sulla percentuale di esso contenuta;
  • Non deve essere mescolato a grano moderno nella pasta.

COSA DEVONO FARE GLI AGRICOLTORI

Gli agricoltori che chiedono di associarsi alla produzione devono garantire gli standard qualitativi che l’azienda richiede affinché sia mantenuta alta la qualità del chicco. Tutta la filiera viene controllata dalle varie filiali, una anche in Europa che si occupa appunto di vigilare su coloro che sono addetti alla macinazione e alla trasformazione di questo grano. L’alta digeribilità di questo grano, secondo studi condotti dalla stessa Kamut International e a detta di molti consumatori, è dovuta proprio al fatto che, rispetto ai grani utilizzati dalla grande distribuzione, il Khorasan a marchio Kamut non è mai stato ibridato e quindi puro.  Molte sono le polemiche nate dal fatto che sia coltivato solo in nord America, ma la Kamut International tiene a precisare che sono più di 20 i paesi europei nei quali si è tentato l’esperimento, ahimé senza successo a causa delle condizioni territoriali e climatiche non idonee. Tra i falsi miti sul Kamut, quelli più importanti da sfatare sono che non è assolutamente un grano assimilabile dai celiaci, poiché contiene glutine, e che non è stato ritrovato nelle antiche tombe egizie.

PROTEINE E VITAMINE

È vero, invece, che da un punto di vista nutrizionale è un ottimo alimento, né migliore né peggiore, ma sicuramente valido per un’alimentazione varia e biodiversa. È ricco di proteine e sali minerali come il prezioso selenio (la terra nord americana ne è ricca), lo zinco e il manganese, vitamine, la B1 e la E in prima fila, fibra e ben il 17% del chicco è formato da carboidrati, caratteristica che lo rende un alimento per chi conduce una vita molto movimentata o atleti.

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Giulia Landini

Giulia Landini

Ciao sono Giulia Landini, sono una coach e ti aiuto a leggere la storia che il tuo ciclo mestruale ti sta raccontando. Seguo le donne in percorsi individuali, donne che vogliono conoscersi di più attraverso il ciclo mestruale e la luna e il modo in cui si presenta. Sono anche il direttore editoriale di questo portale ;-), mi dedico con gioia e curiosità al marketing sostenibile, che vedo come un aiuto per tutte quelle realtà che fanno bene al Pianeta, ma che si vergognano di dirlo al mondo intero!
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