Dopo la pubblicazione del comunicato stampa pervenuto in redazione sul ritiro dei prodotti cosmetici sfusi, abbiamo voluto fare un po’ di chiarezza in merito
Shampoo, balsamo, bagnoschiuma in vendita sfusi: si può o no? La normativa europea UE 1223/2009 non lo vieta, ma le buone pratiche di produzione e controllo sono incerte e spesso interpretabili. Abbiamo chiesto agli esperti del settore per capire meglio
Cosmetici sfusi? Sì o no alla vendita?
Dopo la pubblicazione del comunicato stampa giunto in redazione in merito al ritiro delle bag in box da parte dell’azienda Greenproject, abbiamo ritenuto utile fare un po’ di chiarezza sull’argomento.
Molti di voi ci hanno scritto, rivenditori di prodotti sfusi, utenti e aziende produttrici, per comunicarci che in realtà la legge non vieta di rivendere i prodotti sfusi: la legge non vieta la vendita di questi prodotti, ma detta delle regole piuttosto severe spesso difficili da osservare da parte del negoziante.
Che cosa dice la legge, quindi?
Da luglio 2013 è in vigore il regolamento UE 1223/2009 che contiene le indicazioni sulle modalità di vendita dei cosmetici.
Queste norme nascono per garantire la tutela della salute del consumatore che, attraverso l’etichettatura, il confezionamento, la tracciabilità e controlli specifici da parte di persone ad hoc, sarà garantita. Il regolamento, quindi, non vieta esplicitamente la vendita dello sfuso, ma ne rende la fattibilità davvero difficile.
1. Buone pratiche di fabbricazione. Le GMP sono buone pratiche soprattutto di carattere igienico, fissate dal regolamento UE, difficilmente rispettabili in un locale non conforme cosmeticamente, come ad esempio un negozio aperto al pubblico.
Articolo 8 – Buone pratiche di fabbricazione
a. Nella fabbricazione di prodotti cosmetici sono rispettate le buone pratiche di fabbricazione al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 1.
b. Qualora la fabbricazione avvenga conformemente alle pertinenti norme armonizzate, i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, si presume il rispetto delle buone pratiche di fabbricazione.
In sostanza la preparazione e il confezionamento devono avvenire in ambienti adatti e seguendo delle procedure codificate e particolarmente restrittive, forse una farmacia potrebbe garantire ciò.
2. Tracciabilità del prodotto. Il lotto di fabbricazione, che consente di identificare il prodotto, deve essere apposto in modo indelebile e duraturo sulla confezione. Si pone il problema di come possa essere indicato nel caso della vendita dello sfuso: il lotto di fabbricazione viene stampato dalle aziende produttrici direttamente sulla confezione dove il prodotto viene imbottigliato.
3. Etichettatura. Nell’etichetta deve essere riportato l’elenco degli ingredienti. Si potrebbe utilizzare per il refill flaconi con etichetta, ma la procedura al momento non è stata regolamentata da uno standard e quindi difficile da gestire in fase di vendita.
4. Vigilanza. Il regolamento europeo parla anche di “Cosmetovigilanza”, ovvero della necessità di nominare persona fisica o giuridica qualificata e competente che si assuma tutte le responsabilità relative al prodotto cosmetico immesso sul mercato. Ci si domanda se il rivenditore o il produttore siano in grado si assumersi questa responsabilità, data la mancanza di una chiara tracciabilità del prodotto nel momento in cui questo viene trasferito da un contenitore (fornito dal produttore con tutte le indicazioni di legge e nel rispetto delle GMP) ad un altro contenitore sul punto vendita.
5. Art. 19 paragrafo 4 riporta “Per i cosmetici non preconfezionati o per i cosmetici confezionati dal venditore su richiesta dell’acquirente o preconfezionati in vista della loro vendita immediata, gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo cui vanno indicate le informazioni di cui al paragrafo 1”. Nessun stato membro, però, ha emanato ancora questi criteri per la vendita della cosmetica sfusa.
Fabrizio Zago, chimico e consulente per moltissime aziende produttrici di eco-cosmesi ed eco-detergenza, nonche’ ideatore del Biodizionario e moderatore del frequentatissimo forum di Promiseland in merito, alla nostra redazione dichiara che: “Io stesso ho scritto e sostenuto in vari convegni e seminari, e per i motivi indicati nel comunicato stampa di Greenproject, che la vendita dei cosmetici sfusi è contraria alla Legge vigente. Quello che, invece, si sa poco è che i controlli dei NAS sono cominciati a partire (come al solito) dal Trentino e stanno scendendo a valle. Le sanzioni sono pesantissime”.
Anche Giancarlo Pettarini, responsabile marketing Greenproject Italia srl, conferma che i Nas hanno iniziato questo tipo di controlli partendo proprio dal Trentino Alto Adige e che “In base a ciò abbiamo preso la decisione di ritirare i nostri prodotti sfusi della linea cosmetica proprio per evitare “spiacevoli inconvenienti” sui punti vendita. In ogni caso ritengo che questa normativa penalizzi oltremodo le aziende e i tanti punti vendita che come noi hanno creduto e investito nella vendita dello sfuso”.
Daniele Simi, Direttore Generale di Nivel srl produttore di Biolù, che fa dei detersivi sfusi la sua filosofia fin dall’inizio dichiara alla nostra redazione che “A tutti i nostri rivenditori vengono fornite, oltre ai prodotti, le procedure per la vendita sfusa, i flaconi, le etichette con il lotto per la tracciabilità e tutta l’assistenza necessaria per vendere shampoo, bagnoschiuma, saponi, olio e detergente intimo rigorosamente sfusi e nel rispetto delle regole. Il Regolamento UE 1223/2009 art. 4 individua il produttore, ovvero la Persona Responsabile, l’unico soggetto a cui fanno capo tutte le responsabilità relative al cosmetico dalla produzione fino ad arrivare al consumatore”.