Belladonna: cresce spontanea in Europa, Africa settentrionale, Asia media ed occidentale e nei boschi di montagna.
Belladonna: non è un rimedio fitoterapico, ma un vero medicinale da usare con estrema cautela. E’ una pianta tossica la Belladonna famosa sin dall’antichità per le sue proprietà miorilassanti, ma soprattutto per i dannosi effetti collaterali.
L’ERBA DELLE STREGHE CHE REGALA FASCINO
La Belladonna anche recentemente è salita suo malgrado alla ribalta delle cronache per l’intossicazione che ha riguardato un’intera famiglia che l’aveva consumata come insalata. E’ pianta pericolosa e altamente tossica se utilizzata male in dosaggio e forme sbagliate e va assunta solo sotto stretto controllo medico. In antichità era infatti considerata l’erba delle streghe, scientificamente invece si chiama Atropa Belladonna ed appartiene alla famiglia delle Solanacee come il pomodoro e la patata per intendersi. Il suo curioso nome deriva all’epoca rinascimentale quando veniva usata come macerato di foglie per lucidare lo sguardo e dilatare la pupilla alle Madonne per sembrare più seducenti.
DALLA NATURA L’ATROPINA
Questo preparato di Belladonna causava questo effetto per conseguenza dell’atropina, un alcaloide di cui la pianta è ricca che provoca la dilatazione delle pupille agendo sul sistema nervoso parasimpatico per aumentare la circolazione.
Se la si ingerisce causa perdita del controllo psicomotorio, risa incontrollate, sensazione di lievitazione, leggerezza del corpo, disordini mentali e allucinazioni di natura erotica!
Successivamente a questa prima fase di eccitazione iniziano i guai veri con blocco della sudorazione e conseguente ipotermia, febbre alta, secchezza della bocca, problemi di vista, tachicardia, tremor spastico, insufficienza polmonare e stati di incoscienza che possono anche condurre alla morte.
FARMACO MIRACOLOSO E PERICOLOSO
Allora perché utilizzare la Belladonna se è così pericolosa? E’ ottima in farmacologia in gravi forme di aritmia, nella cura delle vertigini, nel trattamento delle coliche addominali e come antispastico gastrointenstinale, ma va utilizzata solo con la prescrizione medica.
Per molto tempo questa solanacea è stata utilizzata anche come anestetico chirurgico per le sue proprietà miorilassanti.
Non è utilizzabile come fitoterapico però non tutti sanno che il suo uso è diffuso in omeopatia dove, diluito correttamente, è un ottimo rimedio per febbre anche alta, cefalee, indigestioni e crisi allergiche anche violente.
PROTAGONISTA DI ROMANZI
La Belladonna è pianta che cresce in zone montane e submontane fino a 1400 metri di altitudine soprattutto tra boschi di faggi molto ombrosi e su terreni calcarei. Facilmente riconoscibile è un arbusto resistente con radici profonde di colore quasi rossastro-verde e foglie ovali-lanceolate di colore verde intenso ricoperte come il fusto da una peluria che emana un odore sgradevole.
I fiori sono simili a delle campanule nella forma e di colore violaceo intenso; le bacche altamente velenose sono molto belle, nere e lucide sono simili ai mirtilli e per questo ingannevoli. Stranamente hanno un sapore gradevole e per questo bisogna fare attenzione ai bambini perché possono venire attratti e ingannati dalla somiglianza con altri frutti. Stranamente però la bacca è velenosa per l’uomo, ma non per gli uccelli che ne sono golosissimi.
Per concludere una curiosità. Una filastrocca inglese recita che l’ingestione della Belladonna rende caldo come una lepre, cieco come un pipistrello, secco come un osso, rosso come una barbabietola, matto come un gallina. Sono tutti questi i sintomi dell’avvelenamento e per questo, questa pianta è protagonista spesso anche in tanti romani noir.