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Bargello: Bartolomeo Ammannati, l’artefice delle fontane del Granduca

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Al Museo Nazionale del Bargello di Firenze La mostra intitolata ‘L’acqua, la pietra, il fuoco. Bartolomeo Ammannati scultore’

L’acqua, la pietra, il fuoco: tre elementi naturali protagonisti della mostra che fino al 18 settembre prossimo nelle sale del Museo Nazionale del Bargello a Firenze renderà omaggio alla raffinatissima produzione artistica dello scultore e architetto Bartolomeo Ammannati nel V^ centenario della nascita (Settignano 1511 – Firenze 1592).
La mostra intitolata “L’acqua, la pietra, il fuoco. Bartolomeo Ammannati scultore”, curata da Beatrice Paolozzi Strozzi e Dimitrios Zikos, con l’allestimento di Giacomo Pirazzoli della Facoltà di Architettura di Firenze (la prima monografica dedicata all’artista), è un’occasione davvero unica per toccar con mano le sofisticate sperimentazioni e soluzioni compositive adottate dal virtuoso Bartolomeo alla corte del Granduca Cosimo I, con l’intento di celebrare la magnificenza dell’elemento acqua come bene prezioso dai molteplici significati ed applicazioni entro i confini medicei.
Tant’è che nella ‘Sala Grande’ di Palazzo Vecchio, lo scultore progettò dopo il 1555, di rientro a Firenze, una grandiosa fontana provvista di un “ricco e bellissimo ornamento di colonne e di statue di marmo e di bronzo”, come ricorda Vasari, attingendo agli spettacolari artifici della classicità e ad elementi tratti dalla cultura arabo-spagnola. Il fine era chiaro: in una città dotata fino a quel momento solo di pozzi e cisterne, la fontana progettata per il Salone dei Cinquecento (luogo di rappresentanza del potere mediceo) doveva ‘magnificare’ la costruzione dell’acquedotto, grandiosa opera attuata da Cosimo I, con fondamentali benefici sulla salute dei sudditi e sulla fertilità dei terreni granducali, sancendo un rinnovato ed armonioso equilibrio fra acqua e terra. L’acqua perdipiù avrebbe raffrescato l’ambiente, rallegrando, con il suo zampillìo e l’ intrigante bellezza di sensuali sculture, gli invitati della corte. Il caso però volle che il progetto originario venisse interrotto per lasciar il tempo all’artista di realizzare la fontana del Nettuno (o del Biancone) in Piazza Signoria e quella della Villa di Castello. L’opera venne smembrata e le sei grandi statue trasferite fra i giardini granducali di Pratolino e Boboli ed infine, a partire dal 1973, nelle collezioni del Bargello. Per riappropriarsi dei virtuosismi tecnici messi in campo dall’Ammannati, una visita è d’obbligo al Bargello dove nel cortile sarà possibile ammirare la ricostruzione della fontana. Al centro campeggia Cerere, dea della terra  e della fertilità, che genera acqua con ai lati il fiume Arno e la Fonte di Parnaso o l’Arbia (allusivo ai territori senesi da poco conquistati da Cosimo). All’estremità sinistra trova posto la Prudenza sotto forma di un atletico e gentile giovinetto; sul lato opposto Flora, allegoria di Firenze. In alto seduta su un arco-arcobaleno, Giunone fra una coppia di pavoni, animali a lei sacri.
L’omaggio all’Ammannati prosegue nelle due sale al pian terreno del museo con altri straordinari capolavori, come l’intrigante Leda e il Cigno, il Monumento Nari, Ercole e Anteo, il Marte gradivo, oltre a importanti disegni progetti e documenti.

 

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