Dalla tradizione rinascimentale si tramanda ancora l’antica arte della lana del Casentino. Con questi panni nel Rinascimento si cucivano le tonache dei frati della Verna e di Camaldoli
Sul filo di lana. Soffice, vaporoso, confortevole ma anche caldo, resistente ed impermeabile; deve i suoi inconfondibili riccioli alla ratinatura, una speciale spazzolatura con denti di acciaio, alla base del suo perfetto isolamento termico ed impermeabilità. E’ il panno Casentino emblema ed orgoglio della vallata casentinese dove questo particolarissimo e sofisticato tessuto di lana, richiesto dalle griffe italiane che hanno a cuore il mix fra tradizione e ricerca, si produce nei centri di Stia e di Soci. In origine se ne apprezzavano le sue qualità di resistenza all’usura e alle intemperie tant’è che col panno grosso di Casentino in tinta “bigia” nel Rinascimento si cucivano le spesse e ruvide tonache dei frati della Verna e di Camaldoli. Nei secoli successivi divenne il tessuto più richiesto per cucire tabarri, mantelli, cappe, ma anche ad uso dei barrocciai per coprire e proteggere i loro cavalli. Dalla fine dell’Ottocento poi questa particolarissima lana col ricciolo verrà utilizzata anche per confezionare giacconi e cappotti maschili (indimenticabili quelli a doppio petto nelle due classiche tinte, arancio e verde con martingala e collo di volpe, adatti per attività all’aperto come andare a caccia o montare a cavallo), espressione di un look classico, elegante e sportivo, tant’è che … di un bel cappotto Casentino era provvisto il guardaroba di Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e del barone Bettino Ricasoli! E se all’inizio … si trattò di un errore (un uso improprio della rubia, colorante vegetale per il rosso da cui scaturì un rosso aranciato), le calde e avvolgenti tinte dell’arancio divennero il suo colore simbolo, che oggi insieme ad un’infinita varietà cromatica (dal bianco al giallo, al verde, viola, blu, nero, ecc.) continuano ad essere prodotte per capi moda ma anche per accessori a vantaggio di una clientela femminile e maschile moderna e sofisticata. A ottobre nel centro di Stia è aperto il Museo dell’Arte della lana inaugurato all’interno dello storico lanificio (attivo fino al 1985), ristrutturato grazie alla Fondazione Luigi e Simonetta Lombard e alla passione ed investimenti di Simonetta Lombard, fra le prime a introdurre le macchine tessili in Italia. Qui venivano prodotti i panni militari di casa Savoia e per un certo periodo anche gli abiti dei soldati italiani. E sarà un’esperienza unica visitare i vari ambienti che un tempo accoglievano migliaia di lavoranti, con i vecchi telai, i filatoi ed altri macchinari dal sapore antico: lo scardasso, la cantra, l’orditoio, la lupa cardatrice esposti insieme ai libri mastri e alle foto d’epoca.
INFO: Museo dell’Arte della Lana, via Giovanni Sartori, 2 – Stia (AR); orari di apertura: sabato dalle 15 alle 18 – domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18; altri giorni su prenotazione 0575 582216 – 338/4184121